“Mi strinsi nella giacca e lessi, ancora, del mito tibetano del beyul, una valle segreta il cui accesso è protetto da alti passi, tempeste di neve e bestie feroci.
Come nelle valli perdute delle leggende alpine, soltanto che il beyul non ha a che fare con la nostalgia del passato, è anzi una speranza per il futuro. Esiste allo scopo di dare riparo ai saggi in tempi di violenza. Ecco perché il suo segreto va mantenuto, nel chiuso dei monasteri e nel silenzio dei lama: è un rifugio anti-uomo in cui mettersi in salvo da guerre o disastri ecologici, o da qualsiasi altra arma l’umanità inventerà per autodistruggersi.
Anche quest’idea la capivo bene. Chiunque va in montagna, pensai, la capisce.”
[P.C.]
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